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Quando un libro entra nel pensiero e nella vita.

Un grazie a Yuval Noah Harari

Termino la lettura dei due volumi di Yuval Noah Harari: “Sapiens. Da animali a Dèi” e “Homo Deus. Breve storia del futuro”. 1.100 pagine circa: la sensazione è un misto di eccitazione, confusione, sconcerto, in questo preciso ordine.

Per capire i due densi racconti, ne riporto in estrema sintesi i contenuti:

“Da animali a Dèi spiega come ci siamo associati per creare città, regni e imperi; come siamo arrivati a credere negli dèi, nelle nazioni e nei diritti umani; come abbiamo costruito la fiducia nei soldi, nei libri e nelle leggi; come ci siamo ritrovati schiavi della burocrazia, del consumismo e della ricerca della felicità.”

“Homo sapiens in Homo Deus, siamo nel XXI secolo, in un mondo ormai libero dalle epidemie, economicamente prospero e in pace, coltiviamo con strumenti sempre più potenti l'ambizione antica di elevarci al rango di divinità, di trasformare "Homo sapiens" in "Homo Deus". E allora cosa accadrà quando robotica, intelligenza artificiale e ingegneria genetica saranno messe al servizio della ricerca dell'immortalità e della felicità eterna? Harari racconta sogni e incubi che daranno forma al XXI secolo in una sintesi audace e lucidissima di storia, filosofia, scienza e tecnologia, e ci mette in guardia: il genere umano rischia di rendere sé stesso superfluo. Saremo in grado di proteggere questo fragile pianeta e l'umanità stessa dai nostri nuovi poteri divini?”.

Daniel Kahneman (premio Nobel per l’Economia nel 2002) commenta: “Homo Deus vi scioccherà. Vi divertirà. Ma soprattutto vi farà pensare come non avete mai pensato prima”.

Harari mi ha scioccato. Non mi ha divertito. Ma certamente mi ha fatto pensare in un modo diverso da prima. Meglio: ha incoraggiato un certo tipo di pensiero.

Mi sono accorta che, nel prendere le quotidiane decisioni, mi spingevo a ricercare quella terza via che porta oltre il SÌ/NO, il BIANCO/NERO e sostiene la ricerca di alternative che non sono semplicemente reazioni alla realtà, ma portano a considerare altre opzioni.

Mi sono trovata a selezionare gli appuntamenti in modo diverso, a optare per relazioni ed amicizie non scontate, a preferire situazioni e contesti non-certi o, come si dice, fuori dalla comfort zone.

La cosa per me più interessante di tutto ciò, non è stata l’acquisizione di nuove esperienze, quanto la constatazione che il mio pensiero, con questo allenamento, diventava ogni giorno più agile, flessibile, permettendomi di prendere in considerazione ipotesi che mai mi sarei sognata neppure di valutare.

Harari ha raggiunto lo scopo (almeno con me):

“Questo libro delinea le origini del condizionamento contemporaneo al fine di allentare la sua presa e consentirci di pensare al nostro futuro in maniera assai più creativa. Invece di restringere la nostra visuale limitandoci a prevedere un unico scenario definitivo, questo libro ha l’obiettivo di ampliare i nostri orizzonti per renderci consapevoli dell’esistenza di uno spettro di opzioni assai più vasto”.

(da Homo Deus pag. 602)

Nata e cresciuta in una famiglia e ambiente cattolico, devo ammettere che ho affrontato la tematica “religiosa” esposta da Harari con una certa difficoltà; nonostante avessi già elaborato in modo personale i precetti ricevuti, lo scoglio maggiore è stato rivedere e riconsiderare il contesto culturale da una diversa prospettiva. Non parlo, quindi, di fare una cernita tra buono/cattivo, vero/falso, giusto/sbagliato, ma di considerare le questioni ricorrendo ad una visione tridimensionale.

Ripeto che una tale posizione mi sarebbe stata preclusa prima, se non altro, dalla struttura del mio pensare.

  • Uomo verso algoritmo
  • Cristianesimo verso datismo/transumanesimo
  • Paradiso verso Silicon Valley
  • Chiesa verso Google e NASA
  •  Gesù verso … qui la lista sarebbe davvero troppo lunga!
  • Il linguaggio ed i messaggi mantengono il carattere messianico di sempre
  • Gli agnostici sono sempre esistiti
  • La modalità collaborativa pare essere un must

In vari TED, Ray Kurzweil (direttore ingegneristico di Google), parla del dovere di dedicare il “nostro” tempo allo studio delle grandi sfide dell’umanità.

Io mi chiedo ora, di quale umanità si tratti? e di come sia l’uomo di cui si sta parlando?

Con la consapevolezza che la vita è troppo breve per continuare a pensare che il tempo sia una risorsa scarsa, mi preparo a fare la conoscenza del Signor Richard Dawkins attraverso il suo saggio “Il gene egoista”.

Questa non vuole essere una recensione, ma solo un invito a “conoscere” qualcosa che a me ha fatto bene.